Perché sei qui, efi?
Perché sei giunta in questo eremo
sollevando il velo sul mio simulacro di serenità?
Hai disimparato a parlare,
ma forse non a ricordare?
Perché non si può dimenticare
ciò che è inciso sulla pelle dell'anima,
è un marchio indelebile
che brilla di luce propria.
Una luce che abbaglia il cuore
istante dopo istante,
una luce che illumina i ricordi,
ciò che è stato, ciò che si è vissuto
e soprattutto ciò che si è perso.
Quella luce, quei ricordi
che fanno vibrare le corde dell'anima,
conducono sempre dove risuona
l'eco di ciò che si aveva e non si ha più.
È qui che ti hanno condotta?
Dove vi è il dono che abbiamo perduto?
Ci sono doni che non si possono ricevere
se non si è in grado di ricambiare
con qualcosa di altrettanto prezioso,
altrimenti un tale dono scivola tra le dita come un pugno di sabbia
e rimane solo il rimpianto,
un sentimento di perdita e di torto subito.
Per questo avevo sentito il peso dell'eternità nei tuoi silenzi,
i tuoi capelli che amavo accarezzare,
come l'ala nera del corvo,
una tempesta notturna che flagellava le mie notti.
Avevo ricevuto quel dono e lo avevo ricambiato
con ciò che avevo di più prezioso,
me stesso e il mio infinito amore.
Tu lo avevi ricevuto quel dono
e lo avevi ricambiato con ciò che avevi di più prezioso,
te stessa e il tuo dolcissimo amore.
Ma poi mi hai lasciato su questa terra
senza più quel dono,
adesso so perché
e anche come riempire quel baratro che ci separa.
Ti ho amata,
ti amo ancora anche se lo nego a me stesso,
la mia anima è ancora imbevuta di amore e perdita.
Ed è questo amore che ha trasformato
quella nera ala in un'ala bianca.
Era così dolce la tua voce,
la musica più bella che abbia mai ascoltato
e che vorrei ascoltare ancora.
E allora chiamami,
chiamami ancora col mio nome come allora
e dentro e intorno a noi tutto sorriderà.
E poi, quando ci spoglieremo dei giorni che ci restano,
ci rivedremo all'indomani della vita.